Secondo una ricerca commissionata dal fornitore globale di servizi gestiti Easynet, il cloud computing è stato adottato dal 74% delle organizzazioni europee, di cui la maggioranza (47% , il 54% in Italia) afferma di avere preferito soluzioni di cloud privato. Cresce, nelle organizzazioni europee, l’importanza del cloud computing per archiviare e gestire una crescente mole di dati. Lo dicono i risultati di uno studio commissionato da Easynet e condotto alla fine dello scorso anno da Vanson Bourne interpellando 660 IT Decision Maker in Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Spagna, Belgio e Olanda, impegnati all’interno di aziende con oltre un migliaio di dipendenti e attive in diversi settori di mercato. Cloud privato e forme ibride Dalla ricerca esce un quadro in cui, il cloud computing è adottato dal 74% delle organizzazioni europee, di cui la maggioranza, ossia il 47% del totale e ben il 54% dello spaccato italiano, ha optato per soluzioni di cloud privato. Con il 26% delle preferenze espresse a livello europeo e tradotte nel 20% per l’Italia, al secondo posto nelle preferenze di chi ha adottato il cloud si collocano le soluzioni di hosting on premise, mentre l’approccio ibrido, ossia la combinazione di cloud privato e pubblico, rappresenterebbe, secondo lo studio, un’alternativa significativa. Quasi un quinto delle aziende interpellate starebbe, infatti, implementando forme ibride, che consentono di conservare dati business-critical nel cloud privato e quelli meno critici nel cloud pubblico. Stando ai risultati della ricerca, ricorrono più spesso al cloud ibrido e a quello privato le organizzazioni che si servono di un integratore per gestire più Communication service provider, mentre dalla ricerca emerge un distinguo anche per settori di business. La Pubblica amministrazione più riluttante Nella Pubblica amministrazione si continua a optare principalmente (52%) per l’hosting on premise, mentre solo un’azienda su dieci in Europa sceglie il cloud pubblico come approccio principale, fatta eccezione per il Belgio, dove il 17% delle aziende lo mette al primo posto riportando, insieme al Regno Unito, la più alta disponibilità all’uso dell’hybrid cloud scelto rispettivamente dal 23% e dal 22% delle aziende interpellate, contro il 16% di casa nostra. Ancora una volta, a sbarrare la strada a soluzioni diverse dal cloud privato e dall’on premise sarebbe il persistere di preoccupazioni inerenti sicurezza e privacy. Anche in questa ricerca, infatti, in Europa le sfide principali (62%) per l’adozione della tecnologia cloud si confermato sicurezza e fiducia, con la normativa sulla privacy dei dati citata nel 48% del totale dei casi indagati. Il successo in Italia Le aziende nostrane affidano al cloud perlopiù i servizi di posta elettronica (86 percento in Italia, contro una media europea del 66 percento) e per l’archiviazione dei file. Nell’ambito Storage, però, l’Italia si posiziona ben sotto la media europea del 53 percento, con un 32 percento di adozione che non tiene testa ad altri Paesi dell’Eurozona, dove il cloud storage è molto più sviluppato, come Irlanda (74 percento), Regno Unito (71 percento), Danimarca e Cipro (70 percento). Uno dei motivi per cui il cloud storage sarebbe così limitato potrebbe essere individuato nella paura di una violazione della sicurezza (indicato dal 39 percento delle imprese europee) a cui potrebbe poi seguire un rischio di fuoriuscita di informazioni riservate e sensibili per il core business delle aziende. Lo stesso fattore sembra essere limitante anche per l’adozione di altri servizi cloud, mentre in Italia sembra che non venga avvertito nell’ambito email. Con la crisi economica le aziende sono state costrette a ridurre i budget a disposizione dei settori IT e, di conseguenza, a contrarre gli investimenti infrastrutturali. Allo stesso tempo, sempre la crisi obbliga le stesse attività a innovarsi per restare più competitive sui mercati di appartenenza. Coniugare questi due trend è impossibile se non attraverso il cloud computing, il cui onere di gestione e aggiornamento dell’infrastruttura fisica ricade sui provider, sollevando le aziende da costi di non poco conto. Le formule di cloud più apprezzate Allo stesso tempo, la formula pay-per-use e i costi variabili su base oraria e mensile risultano più compatibili con i bilanci aziendali di questi anni, soprattutto per tutte quelle attività che non possono sobbarcarsi costi fissi elevati per scarsità di risorse. Un altro motivo per cui il cloud in Italia troverebbe il suo humus perfetto è nella necessità di esternalizzare le competenze. Ancora una volta, il cloud computing si propone come modello di risposta alla crisi, permettendo alle aziende di concentrarsi sul proprio core business, senza preoccuparsi di formare un reparto IT competente in materia di infrastruttura, esternalizzando le attività informatiche ed evitando così tutti i costi connessi al personale qualificato. Un altro fattore a vantaggio dell’adozione del cloud entro i confini nazionali è l’assistenza: l’hardware va gestito in casi di guasti e rotture, con conseguenti oneri, mentre un software va solo gestito. L’ultimo vantaggio sono i pre-requisiti: per l’accesso al cloud computing servono solo una connessione a Internet e un computer, mezzi che sono ormai disponibili per circa il 97% delle imprese nostrane. Le linee guida dell’Europa La Commissione europea ha pubblicato da poco le prime linee guida per standardizzare i contratti cloud e quindi aiutare le aziende nei rapporti con i fornitori. Alcuni di questi hanno partecipato alla stesura delle linee, che quindi hanno speranza di restare non solo in teoria ma di trovare applicazione pratica. La Commissione ha realizzato le linee guida tramite il proprio Cloud Select Industry Group, un gruppo di lavoro in seno all'European Cloud Strategy, istituito proprio per aumentare la fiducia delle aziende nei confronti del cloud. Fra le aziende che hanno collaborato alla stesura del documento ci sono Arthur's Legal, ATOS, Cloud Security Alliance, ENISA, IBM, Microsoft and SAP, Telecom Italia. Nel dettaglio, le linee guida sono il primo passo per standardizzare i contratti, a partire da terminologie e metriche comuni nel Service Level Agreements (SLA). L’obiettivo è definire termini chiari e un linguaggio condiviso per i contratti per quanto riguarda gli aspetti chiave: disponibilità ed affidabilità dei servizi offerti, la qualità del supporto ai servizi forniti dai provider, i livelli di sicurezza garantiti, l'ottimizzazione della gestione dei dati conservati in cloud. "E’ la prima volta che fornitori di servizi cloud raggiungono un accordo su linee guida comuni. Penso soprattutto ne avranno benefici le Pmi, che potranno avere a portata di mano linee guida comuni per i servizi cloud", ha detto il Commissario Ue all'Agenda Digitale Neelie Kroes. Di anno in anno cresce la consapevolezza delle aziende nei confronti di ciò che è il cloud e cosa rappresenta per il proprio business. Non si tratta di un traguardo da poco, come evidenziano i dati Sirmi dello scorso anno, che lo vedono come un mercato che in Italia vale oltre 800 milioni. Il segreto è quello di avere un approccio esplorativo e innovativo che presuppone la segmentazione dell’IT perché diventi “accogliente” per questa tecnologia.